UN ALBERO DI NATALE DAVANTI AL TRIBUNALE DI VICENZA
UN ALBERO PREPARATO DALLE MAMME NO PFAS DEL VENETO
Venerdì 20 dicembre dalle ore 10,30 alle 12 circa c’è stata una conferenza stampa davanti al tribunale di Vicenza durante la quale abbiamo denunciato come associazioni e mamme no pfas la mancanza di trasparenza e di risposte da parte della pubblica amministrazione su temi quali la bonifica del sito Miteni e della falda, lo studio epidemiologico mai partito, la contaminazione degli alimenti, l’incertezza dei nuovi acquedotti. È stato esposto un albero di Natale dalle mamme, con materiale di recupero e pacchi dono simbolici con l’indicazione di quello che vorremmo ricevere. È importantissimo cogliere ogni occasione possibile per puntare i riflettori sul problema PFAS in questo periodo in cui il processo si avvia alla conclusione, per tentare in tutti i modi di evitare che la sentenza sia solo “un contentino” dato alla popolazione contaminata (noi!) che non cambierà assolutamente nulla.
COMUNICATO STAMPA PFAS
Vicenza, 20 dicembre 2024
Il processo Miteni sta ormai volgendo al termine e a febbraio inizieranno la requisitoria del pubblico ministero e le arringhe delle parti civili e delle difese.
Auspichiamo che il procedimento giudiziario si concluda in tempo utile per accertare e sanzionare le eventuali responsabilità, evitando di cadere nel rischio di prescrizione relativo ai diversi reati contestati. Ma al momento restano irrisolte alcune criticità che meritano risposta, dopo quasi 12 anni dalla scoperta della contaminazione da parte delle autorità pubbliche. Sono nodi da dipanare dato che la situazione della contaminazione è ben lontana dall’essere risolta e il silenzio rischia di avvolgere un disastro ambientale di portata epocale.
Le associazioni firmatarie ritengono pertanto utile rivolgere alcune domande ai diversi enti e organismi competenti:
• Registriamo poca trasparenza circa lo stato della bonifica, sia per il terreno sia per la falda. Oltre ai tavoli istituzionali, nella recente audizione in commissione parlamentare è emersa l’esistenza di un ulteriore Tavolo di cui non si conosce né la composizione, néi contenuti discussi e tanto meno le priorità stabilite e i risultati conseguiti. Vista la situazione del territorio, in cui il plume contaminante continua a fuoriuscire dal sito Miteni e con una popolazione già gravemente danneggiata, riteniamo grave questo modo di agire connotato da poca trasparenza e scarsissima informazione verso chi subisce i danni gravissimi di questo inquinamento.
Perché non è dato sapere nulla dei lavori di questi Tavoli in cui si sta discutendo della bonifica, di chi vi partecipa e di quale sia l’oggetto di queste discussioni?
• Dalle informazioni a disposizione la bonifica non è ancora iniziata e neppure la messa in sicurezza del sito ex Miteni è stata realizzata. Abbiamo notizia di conferenze dei servizi, riunioni tecniche e ricorsi al TAR che allontanano nel tempo le soluzioni. Nel frattempo l’inquinamento continua inesorabilmente a scendere verso valle e a propagarsi, bioaccumulandosi in ambiente e negli organismi. Per quale motivo ad oggi non si ha notizia dell’avvio di un’indagine per omessa bonifica, che pur costituisce un reato gravemente punito dalla legge (Art. 452-terdecies c.p.)?
• A che punto sono le indagini epidemiologiche e quali sono le ragioni per le quali allo studio di mortalità nella popolazione veneta, condotto dal Professor Annibale Biggeri, e ai suoi drammatici esiti in termini di eccessi di mortalità, non è stato dato adeguato riscontro e seguito in termini di misure conseguenti?
Perché non si aggiornano i dati epidemiologici dello studio sui lavoratori Miteni a 5 anni di distanza dalla ricerca Girardi-Merler per cercare risposte scientifiche agli impatti della contaminazione? È una questione di costi o di volontà politica? L’Inail ha riconosciuto la malattia professionale ad alcuni ex lavoratori Miteni per la presenza di alti livelli di PFAS nel loro sangue. È fondamentale non sottostimare quanto sta avvenendo, come verificatosi in passato.
• Visto il perdurare del rilascio di sostanze PFAS in falda, perché la Regione Veneto non aggiorna la mappa delle zone impattate, andando a ricomprendere nuove aree toccate dalle dinamiche di falda? Perché non vengono disposti campionamenti sui terreni per una definizione più precisa della portata dell’inquinamento chimico prodotto?• Data la situazione di base già compromessa del territorio, dei corsi d’acqua e della falda, è possibile conoscere se sono pronti gli esiti dei nuovi campionamenti degli alimenti anche in ragione delle normative europee più recenti, per evitare ulteriori fontidi esposizione e tutelare i consumatori e la popolazione?
• Non sarebbe utile e opportuno, a discrezione dei medici curanti, poter chiedere per pazienti vulnerabili o potenzialmente molto esposti il dosaggio dei PFAS nel sangue, soprattutto per il PFOA e PFOS, dichiarati dallo IARC rispettivamente “certamente cancerogeno” e “possibile cancerogeno”?
• Da quanto emerge dall’ultimo rapporto sulla sorveglianza sanitaria condotta nella Regione Veneto si evince che nelle due ULSS (8 Berica e 9 Scaligera) ad oggi, secondo i dati presentati, risultano sopra soglia per il PFOA ben 16.222 individui. Considerando che tale dato attiene al secondo round dei soggetti che hanno volontariamente preso parte al piano di sorveglianza, quali misure ulteriori di intervento si intendono prendere per affrontare questa emergenza sanitaria?Le associazioni firmatarie, già costituite parti civili dall’avvio del giudizio, concludono sottolineando che in Veneto non si sta parlando solamente di una situazione di inquinamento diffuso, ma di una condizione di accertata contaminazione puntuale da fonte identificata, per la quale è in corso un processo penale.
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