LA SVOLTA GREEN DI GENTILIN E IL DRAMMA DEL FRATTA GORZONE
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Staffetta per la bonifica del Fratta Gorzone 2022 |
Desta scalpore la recente dichiarazione a TViWEB del dott. Giorgio Gentilin, presidente del consorzio A.Ri.C.A, salutata come “Svolta green”, consistente nell’apportare ulteriore acqua dell’Adige nel Fratta Gorzone.
Ci insegna il
dott. Gentilin:
“Vivificazione vuole dire incrementare la
portata mediante immissione di altra acqua. Da pochi giorni il progetto
per il fiume Fratta è partito. Una svolta green a beneficio della salute”.
Tuttavia, il
Fratta Gorzone è da tempo dichiarato “biologicamente morto” dall’ARPAV e non
sarà certo sottraendo acqua pulita all’Adige e alle colture, che lo si
riporterà in vita .
Dal punto di vista
scientifico “vivificazione” vuol dire riportare allo stato “buono biologico” il
fiume, cioè ripristinarne la flora e la fauna, i batteri e tutto ciò che fa di
un corso d’acqua un essere vivente. Ciò non si può ottenere diluendo gli
inquinanti bensì eliminandoli alla fonte.
Riportiamo, in merito, quanto scritto
nell’allegato A DGR 359 del 22 marzo 17 pag. 8 dell’Accordo quadro per il
risanamento del Fratta Gorzone:
“In considerazione della contaminazione storica che alcune
aste fluviali hanno subito, soprattutto nella matrice dei sedimenti, da
parte delle industrie conciarie, il piano rileva che il ripristino
delle comunità biologiche non è compatibile con il
raggiungimento, ancorché in
regime di proroga, degli obiettivi della DQA e fissa
pertanto, per cinque corpi idrici del bacino del Fratta-Gorzone,
l’obiettivo del
raggiungimento dello “stato sufficiente” entro il 2027.
Nel Piano si evidenzia inoltre la presenza diffusa di
sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nelle acque superficiali e sotterranee
del bacino in oggetto.”
I PFAS, come è noto,
appartengono alla classe degli interferenti endocrini, sostanze “senza
soglia”: in linguaggio scientifico significa che non esiste una soglia
minima al di sotto della quale non fanno male. Un medico dovrebbe saperlo.
Gentilin pensa di fare
risuscitare il fiume immettendo grandi quantità di acqua pulita, sottratte all’Adige,
per diluire la concentrazione degli inquinanti. Tale operazione, oltre che
stupida e non in grado di risolvere il problema, è considerata reato
dalla legge italiana.
L’accordo sottoscritto dal
ministero dell’Ambiente e dalla Regione Veneto, di cui riportiamo una parte, è
stato siglato per la prima volta nel 2005. Sono passati dieci anni senza che
alcuno mettesse almeno una prima pietra. Nessuno dei progetti previsti prese
avvio e, nel dicembre del 2015, ci si accorse che il patto Stato Regione era
miseramente scaduto nel nulla. Ovviamente si sentì il bisogno di rinnovarlo,
visto che le condizioni del fiume, nel frattempo si erano notevolmente
aggravate. Si siglò nel febbraio del 2017 un nuovo patto con scadenza
decennale. Si dà il caso che siano passati già cinque anni dalla seconda
firma e che non si veda, da parte dei
firmatari niente di nuovo, a parte le “svolte green” di Gentilin.
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La sindaca Alessia Bevilacqua riceve gli organizzatori della staffetta |
Il Patto rinnovato
“fissa specifiche
norme volte ad assicurare usi sostenibili e durevoli della risorsa idrica, prevenendo e riducendo l’inquinamento
e attuando il risanamento dei corpi idrici inquinati,
e a prendere misure tese alla conservazione,
al risparmio, al riutilizzo e al riciclo
delle risorse idriche;”
Proprio
il contrario di quanto dice Gentilin. L’acqua pulita è una risorsa che va
salvaguardata bonificando i fiumi e non viceversa, soprattutto in questi tempi
in cui la siccità aumenta in maniera preoccupante, il livello dell’Adige tende
ad abbassarsi, anno dopo anno, e le risorse idriche sotterranee del Veneto si
sono ridotte del 40% (dati ISPRA).
L’abbandono
della bonifica del Fratta Gorzone è il grande scandalo del Veneto di cui
però nessuno parla. L’inquinamento della falda sotterranea da parte di
Miteni rende ancora più grave quello
delle acque superficiali. Gli
agricoltori non hanno più scelta per l’irrigazione ei campi. Siamo di fronte al
fallimento della politica agricola della Regione Veneto, aggravata
dall’avanzare della siccità e dalla contaminazione da PFAS.
In
tutti questi anni l’omertà delle istituzioni locali ha coperto il disastro.
I
sindaci dei comuni rivieraschi si sono ben guardati dal reclamare l’attuazione
del risanamento del fiume. La paura è quella di perdere il consenso degli
agricoltori che, a loro volta, pur essendo fortemente danneggiati dalla
mancanza di interventi, tacciono. A maggior ragione tacciono i coltivatori di
mitili della laguna, i pescatori, i ristoranti
e gli amministratori comunali di Chioggia, tappa finale dei reflui avvelenati. Il motivo di questa corale omertà è
facilmente intuibile. Fa parte del fenomeno anche la difficoltà da parte delle Mamme
No Pfas e di Greenpeace di ottenere i dati dell’analisi degli
alimenti contaminati da parte della Regione.
Per
chi non sa quali fossero i contenuti del programma, riportiamo alcuni punti
importanti dell’accordo:
3. Le finalità di cui al precedente comma sono perseguite attraverso:
a. la riduzione costante e continua delle sostanze pericolose,
in particolare del
cromo, nei cicli produttivi e negli scarichi, compatibilmente con l’adozione
delle
migliori tecniche disponibili, fermo restando che l’individuazione del
miglior
percorso realizzativo sarà valutato con il supporto degli Enti di ricerca;
b. la riduzione dei cloruri e dei solfati immessi nel corpo idrico
recettore, mediante
sistemi di rimozione alla fonte e di recupero;
c. la riduzione, al maggior valore tecnicamente ed economicamente
sostenibile,
dell’utilizzo e dello scarico delle sostanze perfluoro-alchiliche,
fermo restando
l’obiettivo di non pregiudicare la salute umana;
d. il collettamento agli impianti di depurazione di tutti gli
scarichi idrici civili ed
industriali;
e. la ristrutturazione e l’adeguamento degli impianti di depurazione
del distretto
vicentino della concia, compresi eventuali trattamenti sul refluo del
collettore
consortile ARiCA;
f. la realizzazione di sistemi per il trattamento dei fanghi al
fine di minimizzare lo
smaltimento in discarica;
g. la riduzione delle emissioni odorifere dagli impianti di
depurazione e dagli
impianti di raccolta dei reflui aziendali;
h. la riduzione delle emissioni in atmosfera provenienti dal comparto
produttivo;
i. la progressiva riduzione delle concentrazioni dei composti
perfluoroalchilici (di
seguito PFAS) nelle acque superficiali nel bacino del
Fratta-Gorzone e
sotterranee nelle aree del vicentino e dei comuni delle provincie di
Padova e
Verona dove ne è stata riscontrata la presenza, tenendo conto della
finalità di
cui alla lettera c);
j. l’individuazione delle condizioni operative e degli interventi
necessari atti a
garantire, nelle aree interessate dalla fornitura di risorse
idropotabili soggette
allo stato attuale a contaminazione da PFAS, la fornitura di acqua
potabile di
qualità nel perseguimento dell’obiettivo di tutela della salute pubblica;
k. la certificazione dei processi produttivi e delle attività di
controllo, allo scopo di
tradurre gli investimenti realizzati in valore per i cittadini e i clienti
della filiera
conciaria.”
Questi programmi, cui si
sarebbero aggiunti altri, sono rimasti lettera morta, nei cassetti della
Regione Veneto. La loro realizzazione avrebbe comportato grandi investimenti
e lavoro sano per tutti. Sarebbe stato il Rinascimento della pianura
veneta occidentale e avrebbe dovuto realizzarsi con la ricerca di nuove
colture con risparmio di acqua per l’adeguamento al rapido avanzare del
riscaldamento del pianeta.
Tuttavia, a fronte del
mancato intervento dei sindaci della riviera del Fratta Gorzone si sono dati da
fare gli amministratori comunali di Arzignano cui si è aggiunto il comune di
Chiampo.
Dopo mesi di incontri e proposte, ai quali siamo stati
presenti e propositivi anche noi di CiLLSA, è nato un primo nucleo di
progettazione da realizzarsi grazie alla collaborazione di Acque del Chiampo. Il
2 novembre di quest’anno i sindaci di Arzignano e Chiampo hanno inviato una
lettera ad Acque del Chiampo per conoscere lo stato della progettazione e dei
lavori.
Una parte dei progetti è tra
quelle finanziate dal PNRR.
Molte delle idee del Patto
SR sono state riprese e all’obiettivo di eliminare dagli scarichi del
depuratore di Arzignano solfati e cromo, alla ricerca per il
recupero del sale ad una ricerca avviata insieme all’Università di
Padova e al trattamento separato della rifinizione delle pelli per
consentire un totale recupero dei reflui contenenti PFAS, è previsto un
trattamento separato per il recupero del pelo e del carniccio, destinati
alla produzione di proteine, che abbatterebbe il totale dei fanghi prodotti dal
depuratore del 40%. Infine è previsto un parziale recupero dell’acqua
depurata. Ciò significa che, adottando la raccolta separata e differenziata dei
reflui delle e varie fasi del processo di lavorazione delle pelli si può
abbattere gran parte dei fanghi di risulta, ottenendone anche una minore
contaminazione eliminando , una volta per tutte il ricorso agli inceneritori
come ultima risorsa da parte di chi ha trascurato tutte le altre, in
precedenza sottoscritte.
Ci auguriamo che l’esempio
delle amministrazioni comunali del distretto conciario spingano le altre a rompere
la catena dell’omertà e a promuovere una ripresa delle
iniziative di bonifica su tutto l’asse del fiume.
Giovanni Fazio
Alleghiamo la lettera dei
sindaci di Arzignano e Chiampo
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