MAXI TAGLI ALLE PENSIONI DEI DIPENDENTI PUBBLICI CHE LASCIANO IL LAVORO.

 


La riduzione delle aliquote di rendimento delle quote retributive porterà a perdite fino a 11 mila euro all’anno già nel 2024

PAOLO BARONI – La Stampa.

A regime, in 10 anni circa, con questo intervento, il governo conta di risparmiare quasi 8 miliardi di euro.

 «Tagli pesantissimi – denunciano Funzione pubblica e la Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil -. Il governo fa cassa sui dipendenti statali».

A essere interessati sono tutti gli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) e gli iscritti alla cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori (CPUG).

 A questa platea di lavoratori transitati prima nell’Inpdap e quindi assorbiti dall’Inps, il governo ha deciso di applicare coefficienti molto meno favorevoli di quelli attualmente in vigore (e risalenti al 1965) per cui tanto meno sono i contributi versati tra il 1981 ed il 1995 e tanto più alto sarà il taglio a loro carico (vedere grafico sopra).

Stando alle stime elaborate dal responsabile delle politiche previdenziali della Cgil Enzo Cigna chi si trova ad avere una anzianità retributiva ante ’96 di appena un anno, con 30.000 euro di retribuzione lorda subirà un taglio di 6.586 euro lordi all’anno, con 40.000 si salirà a 8.782 euro e a 10.978 con 50.000 euro.

«Per anzianità più marcate il taglio diminuisce ma comunque è ancora molto significativo», rileva l’analisi della Cgil. Se si prende a riferimento una pensione di vecchiaia con decorrenza nel 2024 con 67 anni età e 35 anni di contribuzione, ad esempio, il taglio per retribuzioni da 30.000, 40.000 o 50.000 può raggiungere rispettivamente 4.432, 5.910 e 7.387 euro, ovvero tra 370 e 615 euro lordi al mese. Se questi tagli vengono parametrati poi all’attesa media di vita la perdita cumulata per ogni singolo lavoratore raggiunge i 70.912 euro per chi ha un reddito lordo di 30 mila euro, i 94.560 euro con 40 mila ed il 118.192 euro con 50 mila euro di reddito.

Le nuove aliquote avranno un impatto significativo anche sui riscatti. Secondo i calcoli dei sindacati autonomi Fials e Confsal-Unsa un lavoratore di 55 anni con 36 anni di contributi ed un lordo di 30 mila euro per riscattare 4 anni di università in futuro dovrà versare all’Inps quasi 47 mila in più rispetto ai 18.671 di oggi.

«L’esecutivo con la prossima legge di bilancio riuscirà a peggiorare la legge Monti-Fornero e a sottrarre dalle tasche dei dipendenti pubblici – futuri pensionati migliaia di euro» commentano Fp e Flc Cgil, che ora trovano nuove ragioni per partire con gli scioperi già nelle prossime settimane».

Pensionati pubblici, taglio fino a 11 mila euro

 

Fornero che piange

“Manovra: tagli fino al 25% sulle future pensioni dei medici, fuga dalla corsie

Il Sole 24 Ore sanità. Claudio Testuzza”.

Chi pensava che un governo di centro destra potesse intervenire favorevolmente sulle pensioni dopo anni che alcuni suoi esponenti hanno sparato contro la legge Fornero, resterà profondamente deluso.

 Anziché affrontare in maniera strutturale il nodo della flessibilità in uscita si è ricaduti nelle Quote. Non bastavano quota 100,102,e 103, viene, adesso, introdotta una Quota 104 con criteri più stringenti del passato.

Anche se la stessa norma è ancora contrastata come tutta la manovra che resta una “ Bozza ” intercambiabile, anche se pubblicizzata da una conferenza stampa di due ore dello stesso presidente del Consiglio e dai suoi ministri .

Per quota 104, se confermata, occorreranno almeno 63 anni d’età e 41 anni di contributi. Anche l’Ape sociale, lo strumento introdotto dal governo Renzi nel 2016 per alcune categorie più disagiate, viene incrementato a 63 anni e 5 mesi.

Eliminata l’opzione donna, viene introdotto un Fondo che gestisce anche l’Ape, con la richiesta di 61 anni, restando ferme le altre condizioni che dovranno essere raggiunte entro il 2023 e mantenendo il calcolo dell’assegno con il sistema contributivo.



Si allungano le finestre d’uscita da tre a sei mesi per i dipendenti privati e da sei mesi a nove mesi per i pubblici. Si interviene anche sul pensionamento anticipato i cui criteri ( 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne) erano stati congelati fino a tutto il 2026 ma che rimarranno solamente fino alla fine del 2024.

E se da una parte viene tolto il vincolo dell’1,5 volte la pensione sociale, per accedere al pensionamento di vecchiaia a 67 anni, si incrementa a 3,3 volte la pensione sociale per il pensionamento a 64 anni e 20 anni di contributi per i lavoratori interamente nel sistema contributivo.

 

Dove l’intervento della legge diventa ancora più coercitivo, in specie per i medici iscritti alla Cassa Pensioni sanitari ( CPS ) e per i dipendenti degli enti locali (CPDEL) , è nella rimodulazione dei rendimenti della quota retributiva. Infatti, con questa ipotesi di legge, la quota retributiva della pensione, ovvero quella riguardante i contributi versati prima del 1996, subisce un importante e gravissimo ridimensionamento.

Di fatto sottraendo migliaia di euro annui al futuro assegno previdenziale . La perdita che questa disposizione causerebbe alle pensioni, è stimabile tra il 5% fino al 25% di tutto l’assegno pensionistico, a seconda degli anni di contribuzione pre-96. Fino a, quindi, un quarto di pensione.

 Un attacco così feroce alle pensioni non ha precedenti nella storia di questo Paese, tra l’altro commesso proprio contro il personale sanitario, già martoriato prima da una devastante pandemia e poi dalla dilagante crisi del pubblico impiego, costretto a turni massacranti dal blocco delle assunzioni e con remunerazioni totalmente inadeguate, alla mercé di un’inflazione galoppante e nemmeno paragonabile al passo del privato e degli altri paesi europei.

Questa norma, ovviamente, si ripercuoterà sulle piante organiche del SSN, svuotandole ancor di più per la fuga fino alla fine dell’anno di chi ha già maturato il diritto a pensione, in un momento già reso drammatico da una gravissima carenza di specialisti a causa della errata programmazione perpetrata per oltre un decennio.

Anche chi ha riscattato la laurea ante-96 pagando decine di migliaia di euro per accrescere economicamente la propria pensione, contando sulle regole attuali, si ritroverà con una riduzione pensionistica assolutamente imprevedibile e inaccettabile.

Ma non contenti di avere ridotto drasticamente la rivalutazione delle pensioni per l’anno 2023, anche per l’anno prossimo si assisterà ad un recupero inflattivo ancora più modesto. Conservato il 100 per cento per gli importi fino a quattro volte il minimo ( 2.272 euro lordi mensili ) per le fasce di importi superiori si avranno ulteriori riduzioni con appena il 22% del tasso Istat, ieri al 32%, per le pensioni oltre i 5.680 euro lordi mensili.

Vedremo nei prossimi giorni, quando finalmente il testo definitivo sarà presentato alle Camere, cosa resterà di queste proposizioni e quali altre condizioni saranno indicate per un futuro previdenziale sempre più grigio.

 

Addio cari dottori e infermiere!

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