RELAZIONE DI APERTURA DEL TERZO CONVEGNO ECOLOGISTA DI ARZIGNANO
Arzignano 24/09/2023
Apriamo
questo terzo convegno ecologista in Arzignano partendo ancora una volta dalla
contaminazione da PFAS.
È
fortemente presente, in vari settori del territorio, la presenza delle
associazioni e dei comitati impegnati contro le cause e gli effetti della
grande contaminazione. Oltre al sostegno al processo Miteni, la questione PFAS
emerge un po’ dappertutto.
Le
analisi sulle uova, portate dai comitati contro l’inceneritore di Fusina, sono
un esempio di come una lotta che riguarda il trattamento dei rifiuti coinvolga
il settore alimentare. La scoperta di una grande presenza di PFAS a
Castelgomberto, fuori dall’ambito della falda inquinata da Miteni, investe
l’inappropriatezza dei materiali usati nella costruzione della superstrada
Pedemontana. Le falde inquinate dal fiume Retrone costituiscono uno dei tanti
fattori critici del percorso del Tav a Vicenza. L’iniziativa del comune di
Arzignano e di Acque del Chiampo, su proposta di CiLLSA, di fornire acqua
minerale alle scuole della città e rendere gratuito l’accesso alle casette del
sindaco, dove l’acqua è filtrata, rispondono alle manchevolezze della Regione
nel campo della prevenzione. L’inquinamento del Fratta Gorzone è un caso di
grande rilevanza, dove i PFAS svolgono un ruolo primario, considerando che le
acque del fiume vengono usate per irrigare i campi di una vastissima area del territorio di
quattro province e finiscono, in parte, in laguna dove, tra
l’altro, si coltivano i mitili. Le ricerche dell’Università di Padova su alcune
colture di Creazzo e l’indagine
epidemiologica di ISDE sui danni agli apparati riproduttivi dei giovani nati da
madri contaminate, denunciano la mancata azione di prevenzione di chi in
Regione dovrebbe garantire la nostra salute. La contaminazione prodotta dalle emissioni
dell’azienda Chemviron che tratta i filtri a carboni attivi esausti
a Legnago è testimonianza di un
ciclo infinito che può essere fermato solo dal bando di tutti i PFAS in Europa e nel mondo. Potremmo andare oltre
perché infinita è la lista di una
contaminazione che non fu contrastata e che non viene contrastata nemmeno
adesso.
A
dieci anni di distanza dalla “scoperta” del disastro, si constata l’ assenza di
misure di prevenzione dalla contaminazione e dai suoi effetti.
Si constata l’assenza di un piano organico che, oltre a prendere in seria
considerazione la salute dei cittadini ,
attui un risanamento del territorio devastato.
Elenchiamo qui,
in estrema sintesi alcuni dei punti fondamentali del programma di prevenzione
da noi richiesto da anni.
·
Formare il personale
medico e ospedaliero
·
Formare il
personale dei consultori familiari per una educazione alla procreazione nella
terra delle PFAS
·
Consentire ai
medici la prescrizione gratuita degli
esami per il controllo della presenza delle PFAS nelle persone a rischio,
monitoraggi e altro.
·
Effettuare il
controllo propedeutico delle pfas nelle
donne gravide, nei bambini alla nascita e all’accesso alla scuola primaria
·
Tutelare dalle
epidemie i portatori di alti valori di PFAS che, come è noto producono un abbassamento
delle difese immunitarie.
·
Medicina del
lavoro: controllare la presenza di PFAS su tutti gli addetti alle lavorazioni a
rischio.
·
Distribuire materiale informativo alla popolazione per la
prevenzione in generale.
·
Distribuire. in
tutte le scuole, materiale informativo per la prevenzione
·
Garantire il più
possibile una alimentazione priva di PFAS
·
Controllare i
prodotti agroalimentari sul campo e
al loro accesso ai mercati
·
Controllare gli
allevamenti e i prodotti derivati (latte uova ecc.)
·
Garantire, ovunque
ce ne sia bisogno, acqua potabile non contaminata
·
Controllare tutti
i pozzi delle aree inquinate
·
Evitare
l’irrigazione dei campi con acque contaminate
·
Impedire
l’accesso in laguna delle acque contaminate
·
Effettuare la
raccolta controllata e differenziata a piè di fabbrica, del materiale
contenente PFAS.
·
Non bruciare i fanghi contenenti PFAS negli inceneritori (
trattamento termico inutile e dannoso)
·
Bonificare le
colture danneggiate da Pfas e risarcire gli agricoltori.
·
Aderire alla
campagna per il bando delle PFAS
Accenniamo
alla mancata costituzione di un team di esperti che avrebbe dovuto programmare:
·
il risanamento
del territorio;
·
il censimento
degli scarichi aziendali;
·
il censimento dei
pozzi;
·
la bonifica dei
corsi d’acqua;
·
la sperimentazione
scientifica di nuove colture con risparmio di acqua e orientate al cambiamento
climatico;
·
la revisione
della pratica degli allevamenti;
·
gli studi
epidemiologici sulle conseguenze della contaminazione.
Si
è continuato a mal governare la regione come se niente fosse accaduto, mettendo in sordina i segnali di allarme.
Non vogliamo però fare di questo drammatico
evento una rituale celebrazione, ripetendo quanto detto nel corso di questi
anni.
Sebbene
in questo lasso di tempo il Movimento abbia compiuto passi da gigante,
diventando protagonista di una crescita culturale collettiva attorno a gruppi
di lavoro come PFAS land e ISDE, nella ricca pubblicistica alla quale ha
contribuito anche CiLLSA, malgrado il successo di avere portato a processo i
responsabili di Miteni e di avere
coinvolto ricercatori universitari e organizzazioni internazionali nella lotta
contro la contaminazione da PFAS, si sente il bisogno di rendere
maggiormente incisiva l’azione della cittadinanza attiva.
Siamo qui per dare una valutazione
critica in primo luogo al nostro operato anche alla luce di un’azione
repressiva che colpisce duramente la libertà di espressione e di
manifestazione, vedi “il voto in condotta” minaccia agli studenti che faranno
scioperi e cortei o le sanzioni pecuniarie, vero schiaffo ai movimenti e al
diritto di manifestare.
Siamo
qui per confrontarci sulle difficoltà che, associazioni, comitati, singoli
cittadini incontrano nel confrontarsi con un sistema sordo alle loro esigenze.
Siamo
qui per trovare insieme il modo di snidare le istituzioni regionali e sfondare
il muro di gomma della loro assoluta indisponibilità verso chi, dal basso,
tenta di interloquire.
Siamo
qui per immaginare nuove strategie che ci consentano di far fronte all’avanzata
delle lobby, per contrastare i danni che esse determinano sul territorio, già
fortemente gravato da una lunga storia di insulti violenti alla sua base naturale.
Dobbiamo
renderci conto che noi non siamo paladini, non siamo i moderni super eroi che
risolvono i problemi per una umanità ridotta al rango di spettatrice, come la
illustra la fumettistica che viene dall’America.
Di
questo ci occuperemo nel presente convegno, ascoltando le singole storie delle
lotte territoriali del Veneto dalle testimonianze dei protagonisti, per trovare insieme una
risposta efficace all’arroganza del potere e creare le modalità necessarie alla
crescita di una mobilitazione permanente per acquisire maggiore visibilità
politica e maggiore incidenza nel confronto con i nostri avversari.
Perché
è chiaro che alla repressione si risponde con una maggiore unità e con la costruzione
di una comune strategia.
Non
possiamo continuare a presentare singolarmente i nostri cahier de doléances a chi nemmeno ci ascolta, senza inserire la nostra azione in un percorso
comune che tenga conto del nesso tra essi e lo stravolgimento
politico ed economico planetario che caratterizza la nostra epoca.
È
necessario collocare le nostre lotte nel contesto di un processo storico,
che ha preso il via nei primi anni ’80, con
la crescita di oligarchie private, a volte più potenti degli
stessi Stati.
Ronald
Reagan la cui presidenza fu
espressione e motore di quel periodo, sintetizzò il suo programma politico con
la frase : “Bisogna affamare la bestia”. La bestia, per lui, era lo
Stato e il suo indebitamento. Per affamarla bisognava, pertanto, tagliare la
spesa sociale. Da qui, anche se non sono
mancati altri prodromi, possiamo fissare l’origine della grande cavalcata
liberista contro gli stati che nel dopoguerra, in Europa, avevano fondato solide
basi democratiche, adottando politiche keynesiane di intervento pubblico
nell’economia.
A differenza del pensiero reaganiano, per noi lo Stato democratico è sanità pubblica, previdenza con pensioni dignitose per tutti, è scuola
pubblica, è difesa dei beni comuni, come l’acqua, le autostrade, le ferrovie
l’energia, la moneta e le
telecomunicazioni e altro, attualmente ambito riservato esclusivamente ai
privati.
Lo
Stato è pertanto l’istituzione che,
concretamente, garantisce il diritto di uguaglianza di tutti i cittadini e non demanda ai privati il compito di
realizzare e proteggere le basi sociali della vita del Paese.
La difesa dello Stato coincide pertanto con la difesa della Costituzione, pilastro
fondamentale dei diritti umani e sociali, espressione dell’intera comunità
civile e, proprio per questo, aggredita dalle destre e, purtroppo, dalla pseudo
sinistra.
Il
Parlamento è per noi lo strumento
fondamentale che legifera in base alle norme previste dalla Carta.
Tuttavia
stiamo assistendo al progressivo svuotamento del suo ruolo ma anche di quello
dei Consigli regionali e perfino dei Consigli comunali a fronte di una
progressiva concentrazione del potere nelle mani degli esecutivi.
La
tendenza di concentrare le leve del potere in gruppi sempre più ristretti non
ci consente di attestarci su una posizione di mera resistenza.
Sarà
nostro compito rilanciare in avanti
le regole della nostra comunità nazionale proponendo e attuando nuovi livelli di democrazia, tali da obbligare
le istituzioni a confrontarsi con le associazioni, i comitati, le persone in
generale sulle scelte che adesso vengono prese impunemente sulla testa dei
cittadini.
Creare
forme di governo e controllo dal basso istituzionalizzate per la difesa dei
beni comuni.
Ricordiamoci
che il 5 agosto 2011, al culmine di una drammatica crisi delle borse europee,
il governatore uscente della BCE, Jean Claude Trichet, e quello in pectore,
Mario Draghi, scrivevano una lettera riservata al Governo italiano,
all'epoca presieduto da Silvio Berlusconi, indicando una serie di misure da
attuarsi al più presto.
Dall'ottemperanza a tali misure veniva
implicitamente condizionato il sostegno della BCE all’Italia, attuato attraverso
l'acquisto massiccio di titoli di Stato italiani sul mercato secondario.
Tra le condizioni imposte dalla
BCE è importantissimo citarne alcune:
“Piena liberalizzazione dei
servizi pubblici locali attraverso privatizzazioni su larga scala
[...] riformare ulteriormente
il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al
livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle
esigenze specifiche delle aziende»
Revisione delle norme che
regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema
di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il
mercato del lavoro.
Ulteriori misure di correzione
del bilancio che anticipassero di un anno la prevista riduzione di deficit,
aumentando i tagli di spesa, intervenendo per ridurre la spesa pensionistica e
riducendo gli stipendi del pubblico impiego.
Una clausola per rendere
automatica la riduzione del deficit.
Misure per abolire o fondere
organi amministrativi intermedi (come le Province).”
Come ricorderete, a seguito di
questa lettera Berlusconi fu sostituito da un “Governo tecnico” guidato da
Monti col compito di portare a termine le indicazioni dettate dalla BCE. Milioni
di cittadini italiani hanno constatato sulla propria pelle cosa significa
essere governati da una banca.
Il
Debito pubblico viene usato dalla
BCE e dalla EU come giustificazione per la privatizzazione del welfare. La
stampa liberal viene usata per convincerci che le assicurazioni private
garantiscono la salute, le pensioni e il lavoro meglio delle istituzioni
statali.
Proprio
partendo da questo punto nodale riteniamo che la ristrutturazione del debito,
debba diventare il passaggio obbligato per la difesa delle conquiste sociali
e il contrasto alle privatizzazioni e allo sfruttamento.
Quest’anno,
a fronte di una manovrina di circa 30 miliardi di euro, dovremo pagare
interessi per oltre 70 miliardi agli strozzini internazionali.
La
crescita irrefrenabile del debito pubblico e il continuo aumento della quota di
interessi da sborsare anno dopo anno, evidenziano l’insostenibilità di tale
sistema finanziario, destinato a procedere così all’infinito fino al
dissolversi dello Stato democratico, sostituito da un Consiglio di amministrazione
controllata.
Malgrado
l’evidenza di una frode che opera da anni, dal Governo e dal Parlamento non si alza
nessuna voce che si opponga a questo asservimento del Paese alla finanza
internazionale (Altro che difesa dei confini!).
Il
Pensiero unico che ormai
conforma di sé l’intera classe politica e l’opinione pubblica, è diventato,
attraverso la propaganda quotidiana dei media mainstream, un naturale modo di
concepire un sistema, che ormai, in realtà, naviga fuori da ogni logica, aggredendo
i più elementari diritti umani e sociali.
Questo
sistema, che sta disegnando un ordine internazionale governato dalla finanza, malgrado
l’appello di più di mille scienziati, naviga irrazionalmente verso la
distruzione del pianeta.
Le
cose più assurde, come per esempio sventrare una città come Vicenza per farla
attraversare da un treno ad alta velocità, sembrano normali questioni di
amministrazione locale.
Una
classe politico imprenditoriale orientata esclusivamente verso gli interessi
privati, spende il patrimonio pubblico nella realizzazione di opere inutili,
dannose e rovinose anche sotto il profilo economico come la pedemontana che ci indebiterà
per oltre quarant’anni, a tutto beneficio di una impresa privata.
La
stessa logica si legge nel comportamento del Governo regionale e del Comune di Venezia
che privilegiano, palesemente, gli interessi delle imprese degli inceneritori
dei cementifici, di un turismo distruttivo a fronte della salute pubblica e
della salvaguarda dei delicati equilibri della laguna e del territorio.
È
espressione di questa cultura liberista l’incuria che, in cinquant’anni,
ha consentito alla Miteni di distruggere un immenso patrimonio di acque,
territori e colture, contaminando con le PFAS centinaia di migliaia di persone.
Il MOSE è il suo monumento storico con il seguito di corruzione che lo
ha caratterizzato.
Il
mondo capovolto è quello di una Commissione Europea che autorizza la
presenza di PFAS nell’acqua potabile e nei cibi, stabilendone limiti farlocchi che non hanno nessuna base
scientifica.
Ci
confrontiamo quotidianamente contro la logica del capitalismo
finanziario, constatando che il sistema non è emendabile e la sua logica,
basata sul profitto, non ammette cambiamenti di rotta.
Si
fa passare il termine capitalismo come sinonimo di democrazia.
In realtà è tutt’altro: diremmo che è esattamente il contrario: il formarsi di
plutocrazie più potenti dello stato e l’istaurarsi di un potere gerarchico
gestito dalla finanza privata svuota alla radice ogni concetto di democrazia.
Forse
questo non viene sufficientemente spiegato ai cittadini ed è bene che
continuamente si denuncino gli aspetti oligarchici che caratterizzano anche
la UE che, oggettivamente, è espressione del potere finanziario internazionale
ma non delle popolazioni che di essa fanno parte. Essere europeisti non significa
assolutamente niente se non si derubrica il trattato di Maastricht che consegna
un potere ricattatorio alla BCE e alle Lobby. Se vogliamo aderire
all’Europa sognata da Altero Spinelli bisognerà mettere mano ad una forte
azione riformista che ridisegni l’istituzione europea dalle fondamenta
seguendo modelli avanzati di democrazia partecipata. Il nostro slogan sarà
dunque “Democratizziamo l’Europa”
Il
nostro agire non potrà sortire alcun successo se si prescinde dalla difesa degli
spazi di democrazia che si restringono sempre più a vantaggio dei poteri forti.
Lo
sanno bene i ragazzi del Friday for Future e di tutte le altre organizzazioni che costituiscono la galassia degli
schieramenti giovanili per la difesa del clima e del pianeta, lo sanno
bene quando inseriscono le loro lotte entro la logica del cambio di paradigma;
un compito arduo che non è concepibile senza il coinvolgimento dei cittadini.
A
volte vediamo le piazze riempirsi di gente che reclama i propri diritti. Tuttavia,
da una manifestazione all’altra, passa troppo tempo. Le persone non possono
accettare uno stato di mobilitazione permanente ma possono aderire ad un
pensiero che le valorizzi e le difenda dall’aggressività del sistema.
La
nostra lotta è pertanto eminentemente culturale. Per sostenerla è
indispensabile un rapporto quotidiano con i cittadini, tale da contrastare la droga della propaganda
dei mass media.
Come
abbiamo già detto, non siamo paladini né super eroi.
Il
nostro compito è condividere la sofferenza di chi si vede ogni giorno
negare un diritto, curare e lenire la sofferenza altrui e nostre per costruire
una nuova alleanza e una nuova cultura diffusa, che parta dalla realtà
quotidiana.
Bisognerà
aprire un canale di comunicazione permanente con i cittadini creando reti
informatiche sempre più estese, che arrivino capillarmente a tutti. Siamo
indietro su questo terreno.
L’informatica
e la comunicazione sono i punti
cruciali da affrontare per esistere nella coscienza dei cittadini, uscendo
dalle nostre conventicole. Sarà assolutamente necessario continuare a
confrontarci tra noi e con tutti coloro che possono condividere la nostra
azione e i nostri obiettivi. Creare un fronte con chi ha compreso
l’importanza della lotta politica per la difesa dei diritti, con chi ha
compreso che quanto accade nella sua vita privata, come nel pianeta, è l’effetto evidente e destruente
dell’avanzata del liberismo economico.
Costruiamo
una grande alleanza trasversale, fondata sulle cose che ci uniscono, e
discutiamo sulle differenze, tenendo conto che anche esse sono patrimonio
importante di una umanità che rifiuta l’omologazione .
Organizziamo
la resistenza. Una resistenza senza armi
ma, come quella di allora, dove i valori di libertà e antifascismo superarono
le differenze tra i combattenti.
Siamo,
sicuramente, un’avanguardia. Abbiamo gli strumenti culturali per comprendere le
cause della sofferenza nostra, dei
nostri cari e delle persone che ci stanno attorno. Sappiamo leggere e
comprendere il nesso tra il dominio del finanz
capitalismo e la drammatica crisi di sistema. Evidenziamo i sintomi della corsa veloce verso il baratro.
Ma non sappiamo tradurre la nostra lettura in un linguaggio comprensibile
e rivelatore che produca movimento e azione da parte delle vittime di un
sistema sempre più brutale. Non c’è chi non avverta sulla propria pelle i
sintomi di una crisi che produce ingentissimi guadagni per pochi membri di una
casta finanziaria e grande sofferenza per milioni di uomini.
La
cavalcata dell’apocalisse liberista, nella cieca corsa al profitto, lascia
dietro di sé solo rovine e disagio sociale crescente. È nostro compito tradurre
questo diffuso disagio in azione. Lo so,
è quello che ciascuno di noi si sforza di fare da anni, riscontrando, a volte, anche successi
importanti, destinati però ad essere annullati, nel tempo, dal lavorio di un
potere istituzionale logorante che tradisce il suo compito, prevaricando le richieste dei cittadini.
Negli
anni che precedettero la rivoluzione francese del 1789 una cultura nuova
si diffondeva nei ceti borghesi. L’illuminismo spargeva, in un terreno divenuto
storicamente fertile, i semi di nuovi diritti. Le colonne che avevano sorretto
per quasi mille anni una organizzazione sociale medievale cominciavano a sgretolarsi al confronto con un
nuovo paradigma.
È all’interno di questa nuova storia che
possiamo e dobbiamo creare un fronte con tutti coloro disposti a lottare
contro gli effetti evidenti e destruenti dell’avanzata del liberismo economico.
Uniti saremo in
grado di imporre al potere la lista delle richieste di un popolo offeso,
umiliato e irriso da giornali e televisioni che vomitano dalla mattina alla
sera informazioni taroccate per farci accettare la rapina quotidiana.
Non è necessaria la fondazione dei un nuovo
partito: sarebbe un’altra micro divisione del fronte. Abbracciamoci e
andiamo avanti, con tutte le nostre differenze, ma fortemente uniti
contro gli imbonitori del capitalismo predatorio.
Giovanni Fazio
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