DEPURATORE DI ARZIGNANO: UNA RADICALE INVERSIONE DI ROTTA

 

Depuratore di Arzignano

SALVIAMO L'AMBIENTE PER SALVARE LA SALUTE E IL LAVORO 

In partenza per Roma, destinazione Ministero dell’economia e finanze, Matteo Macilotti, accompagnato dal presidente della provincia Andrea Nardin.

Da otto mesi siamo in attesa di autorizzazione dei progetti per una significativa modifica dei trattamenti dei depuratori di Arzignano e Montebello.

         Il Governo si è inceppato e, malgrado le ripetute assicurazioni che il progetto arzignanese è tra quelli approvati, il caos che regna a Roma rende necessario un ulteriore viaggio per spingere in avanti l’erogazione dei finanziamenti.

Stiamo parlando del progetto che Acque del Chiampo  ha ereditato dal Distretto Concia  grazie al vivo interessamento delle amministrazioni comunali di Arzignano e Chiampo.

 Un grande sogno: aprire un cantiere di lavori che ha come obiettivo "inquinamento zero", un ambiente privo di sostanze tossiche immesse in aria, acqua e suolo, al fine di preservare e ripristinare gli ecosistemi e la biodiversità, incluso il ripristino delle funzioni naturali delle acque sotterranee e di superficie (Così, almeno viene descritto dagli autori del piano).

 


È da tempo che la nuova amministrazione di Arzignano ha preso seriamente in considerazione le problematiche ambientali ereditate dal passato.

Lo testimoniano, tra l’altro, il recente censimento dei pozzi delle concerie e la ricerca delle PFAS, mai preso in esame dalle amministrazioni precedenti.

 Il Distretto non poteva accedere al PNRR per lavori da effettuare nel depuratore poiché un privato non può progettare modifiche di un soggetto pubblico ma per Acque del Chiampo non ci sarebbe stato alcun problema a presentare il progetto come proprio. 

E così è stato. 

Per Realizzarlo sono stati sviluppati progetti specifici al fine di:

- rendere l’acqua in uscita dai depuratori utilizzabile per l’agricoltura;

- rimuovere il sale (cloruro di sodio) dalle acque di scarico degli impianti di depurazione;

- Rimuovere i PFAS dalle acque di scarico.

Fratta Gorzone (Archivio PFASland)


Di fatto si tratta di una rivoluzione copernicana della depurazione nella valle del Chiampo che, a detta dei progettisti, prevede un sistema integrato di economia circolare anziché mera depurazione.

Per raggiungere gli obiettivi indicati è stato necessario un radicale cambio di paradigma nel modello di depurazione adottato negli anni ’70 (Arzignano) ed ’80 (Montebello), basato sul convogliamento in un’unica fognatura industriale di tutti gli scarichi prodotti dalle aziende conciarie.

È chiaro che, quando la logica diventa quella della economia circolare, il mescolamento di acque di scarico con caratteristiche molto diverse, rende difficile se non impossibile recuperare materie prime seconde e rimuovere alcuni tipi di inquinanti (PFAS, sale) che è invece necessario rimuovere.

 Inoltre, il modello attuale produce ancora troppi fanghi (più di 30.000 t/anno negli impianti di Arzignano, Montebello e Trissino) e fanghi che contengono un eccesso di sostanze tali da rendere più difficile il loro smaltimento. 

Il nuovo paradigma previsto è quello della “raccolta differenziata”, cioè del trattamento distinto dei diversi tipi di scarico che deriva dalle singole fasi di lavorazione.

 Alla base del nuovo modello circolare di recupero-riciclaggio-depurazione ci sarà un sistema fognario ed acquedottistico di nuova concezione.

Per trattare in modo separato i rifiuti delle diverse fasi delle lavorazioni conciarie occorre, prima di tutto, separarne gli scarichi.                                        Una volta tenuti distinti gli scarichi sarà possibile passare dalla attuale depurazione di liquami indistinti a trattamenti specifici adatti  alle caratteristiche del singolo liquame.

In questo modo sarà possibile recuperare e riciclare materie prime seconde, ridurre il consumo di acqua, riducendo in modo sostanziale il volume dei fanghi da gestire.

 La fognatura industriale attuale, che raccoglie gli scarichi conciari, ha una singola tubazione. Tra l’altro è stata realizzata oltre 40 anni fa e va ricordato che si tratta di sistemi che hanno una vita lunga ma non infinita e quindi andrebbe comunque pensato il modo con cui gestire la loro residua vita utile.

Da tempo CiLLSA sollecitava modifiche radicali del depuratore, scontrandosi con quanti, in occasione del suo quarantesimo anniversario, ne cantavano le lodi sul Giornale di Vicenza. I lettori ricordano sicuramente gli articoli di qualche anno fa.

Adesso si volta pagina.

 Viene prevista la costruzione di un sistema fognario ed acquedottistico industriale così composto:

- un fascio di tubazioni tra le singole aziende e gli impianti di depurazione che prevede i seguenti scarichi:

1.      acque di rinverdimento

2.     acque di calcinaio

3.     acque di concia

4.    acque di riconcia-ingrasso-tintura

5.     una tubazione per ora senza uso specifico per garantire resilienza a fronte di evoluzioni tecnologiche ad ora non prevedibili

- due tubazioni di acquedotto:

1.      una per l’acqua di falda da fornire alle singole aziende che non dispongono/non sono interessate alla emunsione autonoma dalle falde;

2.     l’altra per il riuso dell’acqua recuperata negli impianti a seguito dei trattamenti previsti che, oltre a consentire il recupero di sostanze, renderanno possibile il ricircolo di parte dell’acqua.

 

Miteni. Non sono ancora partiti i lavori di bonifica previsti in Regione

GLI IMPIANTI DI RECUPERO E TRATTAMENTO PREVISTI

 Il nuovo sistema di fognature creerà le condizioni per trattamenti differenziati per i diversi tipi di liquami allo scopo di:

a)   recuperare e riciclare quanto più è possibile;

b)    ridurre in modo drastico il volume dei fanghi (stima conservativa -50% del peso, scendendo nel distretto da 30.000 t/a a meno di 15.000 t/a);

c)     enucleazione di fanghi S.O.A. (Sottoprodotti Origine Animale) per i quali sono previsti molteplici possibili utilizzi (generazione di bio-gas, uso diretto in agricoltura, recuperi di sostanze proteiche)

d)   rimuovere il sale dalle acque in uscita dagli impianti di depurazione;

e)    riutilizzare parte dell’acqua usata restituendola alle concerie. 

I relativi impianti di cui è prevista la realizzazione a livello centralizzato sono:

 a)   impianto recupero cromo;

b)    impianto recupero sale (NaCl);

c)     impianto recupero bagni di calcinaio (recupero solfuri, parte delle sostanze proteiche, produzione di fanghi S.O.A. per recupero bio-gas e/o uso in agricoltura);

d)   impianto trattamento percolato discariche fanghi impianto di Arzignano per abbattimento PFAS. 

Un progetto ambizioso di cui si vedono i prodromi nelle iniziative delle amministrazioni di Arzignano e Chiampo.




Tramonta definitivamente l’ipotesi di bruciare i fanghi, con buona pace di chi sognava nuovi inceneritori. Ci auguriamo che il Governo non archivi questa importantissima iniziativa per spostare i fondi sugli armamenti da inviare in Ucraina. 

Il comune di Arzignano diventa capofila dei comuni del bacino realizzando modifiche epocali che pongono inizio, anche, al risanamento delle acque del Fratta Gorzone e dell'agricoltura della vasta pianura che dipende dalle sue acque.

Quello che non è mai stato fatto dalla Regione, responsabile di porre limiti farlocchi agli scarichi industriali, tali da avere, definitivamente e storicamente, compromesso un fiume e il grande territorio che da esso dipende, né dallo Stato, malgrado due piani decennali mai applicati, lo stanno facendo Arzignano e Acque del Chiampo.

 Il crimine ambientale si compie anche passivamente, cioè ignorando e non facendo.

I comuni che si snodano a Sud lungo l’asse del fiume non hanno mai mosso un dito. Adesso potranno prendere atto di come si governa il territorio con autonomia, indipendenza e onestà intellettuale.

 La novità è il cambio di mentalità che comporta una presa di coscienza delle responsabilità degli impianti industriali in un contesto di aggravamento della crisi climatica e della polluzione in generale.

Se son rose fioriranno. 

Giovanni Fazio

 



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