PFAS: PREVENZIONE NEGATA IN VENETO
Tuttavia non ha risposto alle domande che, come semplici cittadini, le abbiamo posto in questo stesso post il 21 marzo c.a.
Pertanto, le riproponiamo sperando che contribuiscano a rispondere all'appello apparso sul recente comunicato delle mamme no pfas.
“Stiamo lasciando ai nostri figli un'eredità tossica che non avremmo certo voluto lasciare. Qualcuno è responsabile di questo e il processo al quale stiamo dando il nostro contributo ha proprio lo scopo di accertare chi dovrà essere condannato per questo, perché quello che sta succedendo qui nel Veneto non si ripeta in altre popolazioni. "
scoperse che Miteni aveva provocato nel Veneto il più grande
inquinamento da PFAS mai avvenuto al mondo, con la contaminazione di
più di 350.000 persone e di una delle più grandi falde acquifere di Europa
con una quantità di acqua paragonabile a quella contenuta nel lago di
Garda, resa ormai inutilizzabile per i prossimi 100 anni.
Il Dipartimento di
Prevenzione gioca un ruolo importantissimo nella difesa della salute, per cui
anche noi, semplici cittadini, poniamo delle domande alla dottoressa per
conoscere quali misure cautelative siano state adottate a protezione dei
cittadini del Veneto.
Considerando che i medici rappresentano la prima linea
di difesa dall’azione dei PFAS, le chiediamo quale sia il motivo per cui, dal
2013 ad oggi, non sia stato effettuato alcun corso di formazione e
aggiornamento né siano state pubblicate linee guida?
Non le sembra grave che tuttora i sanitari siano informati solo in
maniera approssimativa e non sono in grado, né hanno la concreta possibilità, di assumere iniziative efficaci nei confronti di pazienti affetti da patologie correlate alla contaminazione o esposti dal punto di vista ambientale?
Le chiediamo per quale motivo non sono stati effettuati corsi di
formazione e aggiornamento al personale dei consultori familiari tali da
poter da fornire adeguate risposte e indicazioni alle coppie desiderose di
avere un bambino, alle gravide e altro.
Le chiediamo ancora, come possono effettuare i medici misure di
prevenzione se non sono autorizzati a prescrivere esami per accertare la
presenza o meno di PFAS nel sangue dei loro pazienti?
Strano comportamento da parte di una struttura che si chiama
“Dipartimento di prevenzione”
Il dipartimento che lei dirige, in contrapposizione a tutta la
pubblicistica scientifica internazionale e italiana, sostiene da tempo la tesi
secondo cui l’ambiente (leggi Pfas) di per sé raramente è causa di patologie ma
può essere “fattore di rischio” coadiuvante.
A parte il fatto che non si possono definire i PFAS “fattori di
rischio”, alla stregua del fumo di sigaretta, obesità ecc., oggi la scienza internazionale
considera l’ambiente il primo fattore patogeno per tantissime patologie.
Il 21 marzo 2021, presieduto dal prof. Carlo Foresta, si è tenuto
all’Università di Padova un importantissimo convegno che ha fatto il punto della situazione.
In tale occasione, gli intervenuti hanno dimostrato come i
Perfluorati possono essere agenti patogeni autonomi per molte malattie a
prescindere dalle eventuali abitudini di vita errate, individuando nella loro natura di interferenti
endocrini il meccanismo patogenetico.
Ciò detto, è necessario approntare , subito e non tra 20 anni,
misure efficaci di prevenzione specifiche che contrastino l’azione dei
PFAS nei nostri organismi.
La Prevenzione
Primaria, come lei ci insegna, consiste nell’evitare che i PFAS entrino nei
nostri corpi.
Come si sa, i perfluorati penetrano negli organismi viventi
attraverso gli alimenti, l’acqua e la respirazione.
Le chiediamo quali misure sono state approntate dal dipartimento che lei
Essendo lei preposta d’ufficio a garantire la sicurezza
alimentare, le chiediamo quali disposizioni siano state impartite ai veterinari
al fine di escludere dal mercato eventuali derrate alimentari fortemente
contaminate da PFAS.
La presenza di significative quantità di PFAS in alcuni
prodotti agroalimentari provenienti dalla zona rossa è stata, infatti,
accertata dallo stesso monitoraggio regionale. Quali
disposizioni sono state messe in atto affinché i cittadini possano acquistare
tranquillamente cibi sani?”
Acqua
La dottoressa Gisella Pitter, membro del suo staff, intervenendo al convegno di cui sopra, ha dichiarato che gli acquedotti sono stati messi
prontamente in sicurezza.
Dal 2013 gli abitanti
di Arzignano e Montecchio chiedono che anche i loro acquedotti siano messi (prontamente)
in sicurezza dal momento che la media di PFAS riscontrata nell’acqua potabile è rispettivamente di
circa 60 ng/litro e di 90 ng/litro.
Secondo EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) un bambino di 20 KG non potrebbe ingerire più di 13 ng di PFAS totali al giorno.
Ci chiediamo :”Come potranno togliersi la sete
i bambini della valle del Chiampo?”
Ictus e infarto
È dimostrato che i pfas, agendo in maniera proattiva sulle
piastrine, possono provocare ictus e infarto. Una ricerca epidemiologica
del 2011, promossa dalla fondazione Giacometti, pubblicata dalla Regione
Veneto, evidenzia che nel territorio che allora rientrava nella ULSS 5, adesso
parte della zona rossa, la quantità di ictus cerebrali era doppia di quella
della media regionale.
Quali misure furono adottate allora per spiegare il tragico fenomeno che riguardava una sola area territoriale della nostra regione?
Furono effettuate allora particolari ricerche?
Alla domanda rispondono solo le tombe dei cimiteri.
Al convegno del 21 marzo 2021 il professor Carlo Foresta dichiarava:
“Il senso di questa tavola rotonda è quello di mettere in luce la
possibilità dell’esistenza di STRATEGIE DI INERVENTO per la PREVENZIONE
… soprattutto di cosa possiamo fare , alla luce di poche notizie di
fisiopatologia che già possono essere utili per INTERVENIRE PRECOCEMENTE
contro queste patologie.”
Alla luce di tale dichiarazione le poniamo un’altra domanda.
Quali misure sono state prese per evitare nei giovani l’osteoporosi
precoce, determinata dall’azione del PFOA sulla Vit. D già nella fase
embrionale?
Nello stesso convegno il prof . Andrea Di Nisio, uno degli scienziati
intervenuti, si è a lungo soffermato sulle cause e sulle possibili
azioni di prevenzione secondarie e terapie da attuare nella primissima
infanzia, oltre che ovviamente in gravidanza.
Il Dipartimento che lei dirige ha fatto tesoro di tali ricerche?
Quante ragazze dovranno scontare ancora il
dramma delle ossa fragili come il vetro?
Il dott. Andrea Caroso, intervenendo sulla poliabortività e sull’azione al dei PFAS sul progesterone, ha indicato possibili vie di prevenzione e terapia per garantire gravidanze serene alle donne del Veneto.
Il Dipartimento ha preso nota dei suggerimenti
scaturiti dal convegno?
Qui non stiamo parlando solo delle donne, delle ragazze, dei bambini e degli uomini che vivono nella zona rossa.
L’ISS ( Istituto Superiore
di Sanità) un anno fa dichiarò che nel Veneto i bambini presentano nel
sangue una dose doppia di PFAS rispetto a quelli del resto del paese.
Potremmo continuare di questo passo, elencando i danni, non curati, provocati dalla riduzione del
testosterone nei ragazzi contaminati, le malformazioni genitali, la
ipofertilità dei ragazzi e delle ragazze, i danni alla tiroide, fino ad arrivare all’aumento dei
casi di mortalità per diabete e per covid 19, che lei ha menzionato nell'interrogatorio.
Sono conseguenze della contaminazione da PFAS che lei, dott.ssa
Russo, conosce benissimo, considerato che fanno parte di un patrimonio
culturale scientifico internazionale.
Che l’accertamento della presenza di PFAS nel sangue dei soggetti a
rischio è il primo passo attraverso il quale passano tutte le misure di
prevenzione e cura perché l’elemento patogeno che contraddistingue queste malattie, come ampiamente dimostrato nel convegno del 21 marzo 2021 sono
i PFAS?
“Perché il dipartimento
che lei dirige si chiama di PREVENZIONE?”
Giovanni Fazio
Stupendo excursus.
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