IN SERIA DISCUSSIONE L’OPERATO DELLA REGIONE VENETO NELLA LOTTA CONTRO LE PFAS.

 



Dal convegno dell’università di Padova

 nuove strategie e nuove terapie

 

 

 


Il recente convegno tenuto dalla Università di Padova il 26 marzo su “Esposizione a PFAS e manifestazioni cliniche: strategie di intervento sanitario” è una importantissima tappa sulla conoscenza delle modalità con cui le sostanze PFAS aggrediscono gli organismi viventi e in particolare il corpo umano.

         Vengono confermati e spiegati sul piano sperimentale alcuni dati emersi da precedenti indagini epidemiologiche e sono proposte nuove vie per combattere gli effetti delle molecole perfluorate che danneggiano organi e apparati, provocando modifiche epigenetiche che si trasmettono alle future generazioni.

 Le PFAS, molecole killer, sono in grado di sviluppare la loro azione a distanza di tempo dalla contaminazione, che avviene anche nel grembo materno, programmando danni sugli organi bersaglio con un sistema di orologeria biologica.

         I dati emersi dal convegno dimostrano ormai, senza ombra di dubbio, che le PFAS costituiscono un rischio di natura ambientale autonomo, indipendente dalle abitudini di vita.

Pertanto “l’approccio generale di sanità pubblica con elevate esposizioni ambientali” con cui la Regione, fin dall’inizio, ha affrontato la contaminazione da PFAS, secondo cui I fattori ambientali non sono quasi mai causa necessaria e sufficiente di patologia, ma possono contribuire, come fattori di rischio, agendo sinergicamente con fattori di tipo socio economico e comportamentale”, non risponde alle evidenze emerse dalle ricerche scientifiche presentate al convegno che ne dimostrano ampiamente la totale fallacia.

 

Il convegno, infatti, diversamente da quanto affermato dalla dottoressa Gisella Pitter, portavoce della sanità regionale, ha dimostrato  come le PFAS sono causa necessaria e sufficiente di malattia e rappresentano pertanto un RISCHIO AMBIENTALE SPECIFICO a prescindere e indipendentemente dai noti rischi derivati dalle abitudini di vita.

 

Ne  deriva che l’approccio sin qui seguito dalla Regione non ha tenuto conto delle cause specifiche ambientali che possono generare danni allo scheletro e osteoporosi, abortività, preeclampsia, danni degli apparati riproduttivi maschili e femminili durante la gravidanza, infarti ed ictus cerebrali, alzheimer, Parkinson, sindromi neurologiche infantili ecc. Tutte patologie la cui patogenesi ambientale è stata ampiamente documentata dai vari interventi e soprattutto, dalle importantissime ricerche del professor Foresta.

 

Poco importa se alcuni studi sulle PFAS sono stati finanziati dalla Regione se poi questa, nei fatti, non ne tiene alcun conto.

 

L’accertamento della presenza o meno delle PFAS nel sangue  è un elemento indispensabile e discriminante per le diagnosi differenziali e quindi per la prevenzione secondaria e per le specifiche terapie.

 

Alla luce di quanto sopra, avere negato alla popolazione residente al di fuori della Zona Rossa il diritto di potere effettuare analisi per verificare la presenza o meno di PFAS nel sangue diventa una oggettiva ostruzione alla effettuazione di una specifica prevenzione e terapia delle patologie indotte dalle PFAS.

 

La conoscenza della patogenesi delle malattie prodotte dalle PFAS è fondamnetale per attuare qegli atti di prevenzione e terapia ormai noti che possono salvare tante vite umane e prevenire gravissime patologie.

 

Allo stesso modo è criticabile il comportamento della Regione , recentemente condannata dal TAR  per aver negato l’accesso ai dati del monitoraggio sulla contaminazione da PFAS sugli alimenti. È altrettanto grave il fatto che le pfas continuino a scorrere liberamente nel grande bacino irriguo del Fratta Gorzone fino alla laguna di Venezia senza che alcuno degli interventi previsti dal cronoprogramma dell’accordo Stato Regione sia stato messo in atto.

Il Report riporta interessanti questioni etiche, economiche e politiche sollevate da una ricerca che non si restringe al mero ambito scientifico; è una riflessione a tutto campo sulla inefficienza dell’azione di contrasto ad una malefica contaminazione di sostanze indistruttibili che, se non si prendono misure drastiche, sarà destinata ad aumentare tragicamente nei prossimi anni.

 

Ho cercato di usare, per quanto possibile, un linguaggio divulgativo per consentire a ogni lettore, anche non specializzato, di comprendere i contenuti emersi dal convegno. Ritengo infatti che le notizie scientifiche non debbano restare appannaggio di ristrette cerchie di specialisti ma debbono diventare patrimonio comune socialmente spendibile.

 

Il riferimento ad una prevenzione che riguarda anche il territorio nasce  da una considerazione sistemica: 

Non è possibile difendere la salute umana in un ambiente profondamente malato.

 

Giovanni Fazio

 

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