CiLLSA IN UNA TESI DI LAUREA. LA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI NEI CONFLITTI SOCIO-AMBIENTALI
IL CASO DI
CONTAMINAZIONE DA PFAS NEL VENETO
FOTO DA ARTICOLO DI GIORNALE
In tempi di
coronavirus,
“sicuramente, la tesi di Chiara Silva (Milano) sui conflitti socio-ambientali in un determinato territorio e i diritti fondamentali negati ai cittadini, soprattutto la salute, fa riflettere.
“sicuramente, la tesi di Chiara Silva (Milano) sui conflitti socio-ambientali in un determinato territorio e i diritti fondamentali negati ai cittadini, soprattutto la salute, fa riflettere.
Fa da cassa d risonanza il caso specifico
raccontato, che ha riguardato e riguarda tutt’ora il Veneto, l’inquinamento
idrico causato dalle sostanze perfluoroalchiliche (i cosiddetti “PFAS”), che
rischia ora di venire accantonato e minimizzato di fronte alla emergenza
Covid-19”
Tra i principali
attori della lotta contro l’inquinamento Pfas è citata la nostra associazione
CiLLSA, assieme ad altri soggetti quali Coordinamento acqua libera dai Pfas, Movimento
delle mamme No Pfas, Isde, Rete gas vicentina, Legambiente, Perla blu …
Valide le conclusioni sul ruolo dei cittadini
I PRINCIPALI ATTORI
“Un altro importante movimento che si è attivato fin
dal momento della scoperta dell’inquinamento è CiLLSA (Cittadini per il Lavoro,
la Legalità, la Salute e l’Ambiente); esso nacque proprio nel 2013 quando i
cittadini vennero a conoscenza della contaminazione delle acque sia superficiali
che di falda in seguito alla pubblicazione dei risultati delle analisi
effettuate da ARPAV.
Il gruppo si è subito impegnato per affrontare il problema
dei PFAS, supportato anche dal Dottor Vincenzo Cordiano medico di ISDE nonché
primo ad aver denunciato la gravità del problema nel corso di assemblee
pubbliche. Inizialmente i membri si sono mobilitati chiedendo agli Enti
competenti che venisse fornita loro una serie di informazioni utili riguardanti
le conseguenze delle sostanze chimiche sull’organismo e sulla salute umana. Non
avendo ricevuto però nessuna risposta conforme alle richieste, gli stessi si
sono attivati in prima persona, tramite un intenso lavoro di studio e di
ricerca (sostenuto anche dai medici di ISDE e da collaboratori esperti) seguito
poi da una dettagliata opera di informazione, rivolta a tutti gli abitanti,
sull’inquinamento provocato dall’azienda Miteni, sulle patologie che possono
derivare dall’azione dei PFAS nell’organismo umano, sull’evolversi del problema
e sull’attività delle istituzioni e delle autorità. Tutto ciò è stato
effettuato tramite distribuzione di volantini, posizionamento di gazebi in
piazza, organizzazione di convegni, congressi informativi con lo scopo di
coinvolgere e sensibilizzare la cittadinanza. Sono stati organizzati anche
corsi sull’alimentazione e sui rischi derivanti dalla contaminazione
dell’acqua.
La maggior parte dei membri di CiLLSA è composta da abitanti del
comune di Arzignano, da sempre escluso dallo screening sanitario nonostante si
tratti di un paese adiacente al plume di contaminazione. Arzignano infatti è
parte della cosiddetta “Zona Arancione” dove l’inquinamento è stato rilevato in
misura minore e dove non sono previsti i controlli sanitari concessi invece
agli abitanti dell’Area Rossa. Gli attivisti di CiLLSA hanno fatto numerose
pressioni (e continuano a farle tuttora) affinché venga esteso lo screening
anche alla popolazione del comune sopracitato.
Nel 2017 CiLLSA ha promosso la
nascita del Comitato “Zero PFAS Agno Chiampo” (importante gruppo di attivisti
dei comuni di Arzignano, Montecchio Maggiore, Montorso e Trissino che ha come
obiettivo la totale liberazione del territorio dei paesi citati dalla
contaminazione da PFAS e da qualsiasi altra sostanza che possa arrecare danno
agli uomini, agli animali e alla vegetazione;
I membri di CiLLSA affermano di non avere molta
visibilità, di non essere aiutati da partiti né da sindacati e soprattutto di
non essere presi in considerazione da chi governa, seppur presentando la buona
causa di battersi per il benessere e la tutela della salute dei cittadini.
(…) Per concludere, si può affermare che il caso
del Veneto sia un vero e proprio conflitto socio-ambientale, che vede gli
ideali dei cittadini molto spesso contrapposti alle azioni delle autorità e
degli enti, percepiti dai primi come “distanti e distratti”. Quando si parla di
conflitti, il pensiero dominante consiste nella speranza che si possano
concludere in fretta o addirittura che non si verifichino più. Come afferma
invece De Marco, la loro presenza è molto utile e necessaria perché essi fanno
in modo che emergano alcune problematiche che altrimenti, rischierebbero di
rimanere in fase di latenza, senza mai manifestarsi. È proprio tramite i
conflitti che i cittadini possono battersi per gli ideali in cui credono,
ottenere una maggiore visibilità e andare incontro all’esercizio di una
democrazia attiva, che in alcuni casi non viene messa in pratica. In altre
parole, i conflitti devono essere concepiti in maniera costruttiva, tale da
proporre soluzioni razionali per concedere benessere a più persone possibili.
Al contrario, se essi non si verificano, significa che la cittadinanza rimane
in disparte, in una situazione di stallo, perseverando nell’ingiustizia; ancora
peggiore è la situazione in cui un conflitto non si esprime per via
dell’indifferenza degli abitanti. Questo non significa solo non curarsi della
problematica, ma sminuire se stessi e l’importanza dei diritti fondamentali
della persona.
È perciò molto
importante che i conflitti vengano vissuti nella loro interezza, considerandoli
non solo un motivo di rivendicazione di diritti o ricerca di una maggiore
giustizia e democrazia, ma anche un ambiente di apprendimento, un’occasione per
migliorare la propria posizione civile e per giungere a soluzioni condivise e
partecipate, in cui si cerca di concordare gli
interessi di tutti”.
Riflettiamo e …agiamo.
La tesi
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