LE PFAS AVVELENANO I CIBI: UNA VERITA' ORMAI INCONTROVERTIBILE

  

Limiti: un modo legale per avvelenare cittadini, animali e ambiente.

l'Istituto Superiore di Sanità, in un monitoraggio eseguito nel 2016, ha constatato la presenza di cibi molto contaminati da PFAS in alcune aziende agricole e allevamenti, insistenti nella Zona Rossa (Veneto sud occidentale) dove viene usata l'acqua dei pozzi per abbeverare o per dar da bere agli animali (la stessa acqua la bevono gli agricoltori e gli allevatori che con essa cucinano i loro stessi prodotti inquinati da PFAS).

I pozzi in questione sono fortemente contaminati in quanto traggono l’acqua dal plume[1] dell’inquinamento Miteni che da Trissino si spinge, sotto terra, fino a Montagnana e oltre. Di conseguenza, lo sono anche i prodotti alimentari.

Pertanto queste persone presentano livelli di contaminazione nel proprio sangue molto più elevati di quelli riscontrati nel sangue dei loro concittadini[2].

Non risulta che i prodotti di queste aziende siano mai stati ritirati dal commercio da parte delle istituzioni sanitarie preposte alla vigilanza alimentare. Ne deriva una forte probabilità che molti di noi si stiano alimentando, come i suddetti agricoltori, con tali cibi.


Solo pochi cittadini sono veramente al corrente dei rischi che si corrono bevendo e mangiando cibi contaminati da PFAS; la maggior parte della popolazione del Veneto non sa che questi cibi e quest'acqua provocano, tra l’altro, aborti e malformazioni nei nascituri[3].

Le falde profonde inquinate sono ormai del tutto perdute e ci vorranno circa 100 anni, ammesso che si smetta di inquinarle, perché ritornino allo stato naturale.

LE ACQUE SUPERFICIALI, FIUMI E ROGGE SI POTREBBERO SALVARE SE SI SMETTESSE DI VERSARE NEI LORO CORSI REFLUI (DI DEPURATORI O AZIENDALI) CONTAMINATI, VELENI, PESTICIDI, DISERBANTI E ALTRO[4].
Reflui dei depuratori del comparto conciario. Sbocco del dotto A.Ri.C.A a Cologna veneta


Ho riproposto un articolo da me scritto per PFAS LAND[5], adesso ripubblicato dalla rivista ecologica "Tera e Aqua"[6]. Le considerazioni che esprimo nascono da una dettagliata analisi dei dati sull'inquinamento delle acque superficiali del Veneto.

Nel ringraziare l'ARPAV per il lavoro monumentale che sta svolgendo, se non lo avete ancora fatto, vi invito a leggere l'articolo per conoscere in quale stato sono ridotte le acque della regione che un tempo era nota per la sua straordinaria ricchezza di acque cristalline.

Buona lettura.


PS:
LA QUESTIONE DEI “LIMITI”

La richiesta dei cosiddetti “limiti” ammessi per le sostanze inquinanti presenti nell’acqua potabile, nei reflui industriali e nei fanghi contaminati che vengono sversati sui campi (limiti attualmente codificati, in parte, da decreti della Regione Veneto e dal decreto dell’ex ministro Galletti) è una richiesta mal formulata che può essere foriera di nuovi danni qualora fosse attuata dal Ministero.




CAMBIARE PARADIGMA
significa non accettare la legalizzazione della presenza di nessuna quantità di sostanze, tossicche o cancerogene nell’acqua da bere, nei cibi, nell’aria che respiriamo nei fiumi e in tutte le acque superficiali e profonde.

 Il limite massimo invece può essere richiesto per sostanze, naturalmente presenti nell’acqua, che non abbiano le caratteristiche tossiche o cancerogene di quelle di cui abbiamo parlato sopra. Esempio: la quantità di calcio o di magnesio ecc. sostanze di per sé né tossiche né cancerogene né tanto meno bio-accumulabili o interferenti endocrine.

I limiti di cui stiamo parlando non sono stati inventati dai cittadini che ne subiscono il danno ma da pseudo scienziati prezzolati, al servizio di produttori e commercianti che volevano avere le spalle coperte dalla legge.[7]

Inquinare cibi e acqua potabile è un vero e proprio DELITTO CONTRO L'UMANITA', un delitto che viene compiuto solo per motivi abietti, cioè per profitto a spese di persone ignare e innocenti. 

Chi è deputato alla protezione dei cittadini, ha il dovere di non accettare la presenza di alcuna sostanza, negli alimenti e nell'acqua, sulla cui sicurezza di assenza di rischio non vi siano basi scientifiche e per la quale si dovrebbe invece applicare il principio di precauzione europeo[8].

Tale principio è stato applicato recentemente dal Governo svizzero che ha vietato l’uso del Glifosate su tutto il territorio nazionale, senza bisogno di determinare assurdi limiti di tolleranza o di demandare la questione alla magistratura, con tutti i limiti che questo comporta. Per far ciò è sufficiente un semplice decreto del ministero dell’Ambiente.

Viceversa percorrere la via della richiesta della definizione dei cosiddetti “limiti”, nel caso specifico, consentirebbe, di fatto, la permanenza delle sostanze inquinanti nell’acqua e negli alimenti e lo sversamento delle stesse nei fiumi o nei terreni (purché entro i limiti fissati dal Ministero), autorizzando così pratiche inquinanti legalizzate, quindi non perseguibili.

Fuorviante quindi chiedere alle istituzioni di fissare limiti per i PFAS (tra l’altro sostanze POP appartenenti alla classe degli interferenti endocrini).

Più corretto e sensato è chiedere che sia vietata la presenza di sostanze classificate come tossiche o cancerogene nei cibi, nelle bevande, negli scarichi industriali o sui terreni, sia come ammendanti che come pesticidi in genere.

In considerazione dei gravissimi danni provocati da queste sostanze in varie parti del pianeta e della contaminazione di una grandissima quantità di specie animali e vegetali a livello mondiale, ha più senso chiedere che l’intera classe delle PFAS sia esclusa dalla produzione e dal commercio, come è stato fatto per il DDT e per altre sostanze appartenenti alla “sporca dozzina” della convenzione di Stoccolma[9].

Certo, quando proponiamo l’esclusione delle PFAS, in blocco, dalla produzione e dal commercio sappiamo che si tratta di un obiettivo difficilissimo da raggiungere anche se le regole della Convenzione di Stoccolma prevedono l’esclusione delle sostanze POP alla cui categoria esse appartengono.

Una dura lotta impegnò per anni i cittadini di Brescia contro la Caffaro che produceva PCB. Davanti all’evidenza della altissima tossicità del prodotto, adesso incluso nella lista della Convenzione di Stoccolma, grazie alla determinazione dei cittadini e alle lotte  unitarie tra cittadinanza e maestranze della fabbrica, la  produzione di PCB fu messa al bando.

Pensare a vie di mezzo come i limiti decretati da Zaia, per cui gli acquedotti del Veneto possono erogare acqua “potabile” con una presenza di PFAS tollerata fino a 390 ng/litro non risolve certo il problema e non garantisce alcuna assenza di rischio per la popolazione.

Aspettare limiti più bassi significa perdere la nostra battaglia in partenza. A meno che, per assicurare la fine dell’inquinamento da PFAS, il Ministero non vari una legge con limiti talmente bassi, nell’ordine di picogrammi, praticamente irraggiungibili, tali da consentire un procedimento giudiziario simile a quello che ha liberato Brescia dal PCB (anche se ancora per molti anni tale sostanza continuerà ad essere abbondantemente presente nel sangue dei Bresciani, nei terreni e nei prodotti agroalimentari).

Siete sicuri che il Ministero avrà la voglia e la capacità di far questo? Risponderà alle esigenze di salute dei cittadini o a quelle di profitto degli industriali e delle compagnie multinazionali?

Non esistono in questo caso vie di mezzo e la politica deve dare risposte inequivocabili, orientando il paese verso una economia green (come asserisce in questi giorni il presidente del Consiglio)

Riflettere sulle difficili problematiche poste dai Crimini Ambientali sarà l’oggetto del convegno, organizzato da PFAS LAND
Il 26-27 ottobre a Vicenza.

Tra le interessantissime iniziative previste e la altissima competenza scientifica degli ospiti di rilievo, ci sarà un forum per l’analisi delle lotte, della loro efficacia e dei nuovi strumenti di cui dovrà fornirsi il Movimento Ecologista nel Veneto per passare dalla semplice denuncia ad una nuova fase organizzativa e strategica per liberare la nostra terra dai veleni e dagli avvelenatori.
         È il momento di cominciare a pensare a nuovi percorsi orientati verso Movimenti Territoriali Uniti dell’arcipelago politico di ecologia e solidarietà. 

Vicenza 24/05/2019 manifestazione studnti per il clima. FRIDAY FOR FUTURE






[1] In idrogeologia, il plume (detto anche plumen o pennacchio) è quella parte di un acquifero sotterraneo che, in una situazione di contaminazione da sostanze pericolose, trasporta le sostanze contaminanti. Il termine viene impiegato, per esempio, nelle normative vigenti sulla bonifica di siti contaminati da sostanze pericolose (Decreto Legislativo 152 del 3 aprile 2006).
[2] L’acqua è la base di ogni forma di vita e si distribuisce in ogni parte dell’ecosistema. Oltre che nei rubinetti dell’acqua potabile le PFAS sono entrate nella catena alimentare, nell’agricoltura, negli allevamenti e nella pesca. Infatti l’acqua è responsabile solo per il 20% della contaminazione, il restante 80% è dovuto agli inquinanti presenti nella catena alimentare e nell’aria (EFSA, 2017).


[3] Dagli studi del Prof. Carlo Foresta dell’Università di Padova, endocrinologo e andrologo si prospetta una crescita esponenziale di infertilità nelle future generazioni, soprattutto maschile. Infatti i PFAS, interferenti endocrini, per la loro natura chimica si sostituiscono all’ormone testosterone nei tessuti dove questo dovrebbe agire. Questo determina grave insufficienza del sistema riproduttivo ma anche problematiche ormonali a lungo termine.
[4]La sola industria della pelle del Veneto consuma ogni anno, secondo i dati dell’agenzia europea ECHA che disciplina l’uso delle sostanze chimiche, circa 160 tonnellate di sostanze che rilasciano PFOA e che non sono mai state oggetto di analisi negli scarichi industriali perché precursori delle PFAS. A questi vanno ad aggiungersi 30 tonnellate di PFOA e sali di PFOA puri o utilizzati in miscele vendute in Europa.

[5] PFAS.land –https://pfas.land
«Più che un movimento, siamo in movimento». Organo di informazione dei gruppi-comitati-associazioni NO PFAS della Regione del Veneto.
[6] Tera e Aqua | Ecoistituto del Veneto Alex Langer
https://www.ecoistituto-italia.org › cms-4 › tera-e-aqua
[7] L’inventore della DGA (Dose Giornaliera Accettabile- in inglese TDI) è il tossicologo francese René Truhard. Egli ha stabilito, attraverso calcoli, dei quali prima di morire ha dichiarato la scarsa validità scientifica, che sostanze tossiche possono essere ingerite senza problemi se assunte in piccole dosi. Tale affermazione è stata smentita da molte ricerche di scienziati indipendenti, tuttavia, assurdamente, viene tuttora utilizzata per fissare limiti di assunzione di sostanze tossiche presenti negli alimenti (soprattutto additivi alimentari) e perfino per le molecole POP (Persistent Organic Polluttans).
Il JEFCA (comitato di esperti sugli additivi alimentari) ha adottato la DGA nel 1957.
Nel 1959 la FAO propose un comitato incaricato di valutare i rischi rappresentati da residui di pesticidi nei cibi.
Alex Malaspina, un membro esecutivo della Coca Cola, finanziato oltre che da Coca Cola da Nestlé, e Pepsi General Foods, Procter & Gamble, Heinz, Kraft, fonda nel 1978 una organizzazione scientifica internazionale chiamata ILSI (International Life Sciences Institute) che diventa un forte promotore della DGA.
Successivamente entrano nella ILSI Danone, Mars, Mc Donald’s, Kellogg’ e Ajinomoto [il principale produttore di Aspartame] e aziende del mercato dei pesticidi Monsanto, Dow Agrosciences, Du Pont de Nemours, e Basf e del settore farmaceutico Pfizer e Novartis.
A eccezione dell’industria farmaceutica, tutte queste aziende hanno prosperato grazie all’avvento della “Rivoluzione Verde” e agroalimentare: producono e utilizzano sostanze chimiche che contaminano i nostri alimenti.
Nel 1963 FAO e OMS creano un comitato congiunto (JMPR) per stabilire i “Limiti Massimi Residui” LMR ovvero la quantità autorizzata di residui di pesticidi per ogni prodotto agricolo.

8 Principio di precauzione europeo: provvedimento che permette di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, animale o vegetale, ovvero per la protezione dell'ambiente.
Infatti, nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, il ricorso a questo principio consente, ad esempio, di impedire la distribuzione dei prodotti che possano essere pericolosi ovvero di ritirare tali prodotti dal mercato.
Stabilisce orientamenti comuni relativi all'applicazione del principio di precauzione.
[9] La Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, stabilita in occasione di un convegno tenutosi a Stoccolma dal 22 al 23 maggio 2001, si pone come obiettivo l'eliminazione e la diminuzione dell'uso di alcune sostanze nocive per la salute umana e per l'ambiente definite inquinanti organici persistenti (POP o POPs). I POP sono composti chimici con proprietà tossiche che si propagano nell'aria, nell'acqua o nel terreno e, a causa della loro scarsa degradabilità, risiedono nell'ambiente per lungo tempo.

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