ALLARME VONGOLE

I CITTADINI CHIEDONO SICUREZZA ALIMENTARE

 


Lo studio effettuato dal Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione e dal Dipartimento di biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’istituto di ricerca sulle acque del CNR, appena pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental International”, illustra gli effetti della molecola C6O4 una delle nuove sostanze PFAS, molto presente nelle acque della nostra regione, e non solo nel Po.

 Il Giornale di Vicenza del 18 marzo cita la dichiarazione di uno degli scienziati, autori della ricerca, il prof. Tommaso Paternello:

 «C6O4, la sostanza usata in sostituzione del Pfoa, uno dei prodotti della grande famiglia Pfas, altera i processi biologici di organismi marini "sentinella", come la vongola verace, … i risultati del nostro studio, dimostrano chiaramente che il C6O4 altera in modo significativo, e per alcuni versi ancora maggiore del Pfoa, i processi biologici della vongola verace  … è un organismo chiave per l'ecosistema lagunare anche in ragione del fatto che è un organismo filtratore e quindi accumula le sostanze presenti nell'acqua».

         Inoltre- continua il prof. Paternello - questa specie «dopo l'esposizione al C6O4, sono state osservate modifiche nell'espressione dei geni della vongola legati a processi biologici fondamentali come la risposta immunitaria, lo sviluppo del sistema nervoso o il metabolismo lipidico. Si tratta di dati molto allarmanti».

         Alla domanda del cronista del Giornale di Vicenza sulla presenza di limiti di legge per il C6O4, i professori Massimo Milan e il Prof Matozzo rispondono «Il fatto che questa sostanza venga usata senza alcun limite di legge assumendo che non abbia effetti sugli organismi esposti è chiaramente contraddetto dai dati sperimentali»




         La Regione, in presenza di tali allarmanti dichiarazioni rispetto ad un alimento molto diffuso non solo tra gli abitanti del Veneto, ha dichiarato che, sempre sul fronte Pfas, all'Università di Padova stanno partendo due nuovi progetti di ricerca, finanziati dalla Regione per un importo complessivo di circa 270 mila euro e realizzati tramite il Coris, Consorzio per la ricerca sanitaria della Regione.

Ottima iniziativa.

QUALI MISURE DI SICUREZZA SONO STATE PRESE NEL FRATTEMPO PER I CITTADINI?

 

Non è stato precisato quali misure di sicurezza alimentare si stiano prendendo in merito alle vongole veraci che quotidianamente vanno sul mercato.

Aspettiamo una risposta in merito dall’ assessora a Sanità - Servizi sociali
- Programmazione socio-sanitaria
Manuela Lazzarin, referente tra l’altro dei servizi di Sicurezza alimentare e Servizi veterinari; una risposta in grado di tranquillizzare i cittadini e anche i produttori che vedono in pericolo uno dei settori produttivi più importanti del Veneto.

IN PARTICOLARE:

 L’assessora è in grado di affermare che le vongole della laguna possono essere mangiate con sicurezza?

Può garantire, senza ombra di dubbio, che la C6O4, contenuta nei mitili non si accumulerà nel corpo di chi li mangia?

Può smentire l’affermazione del prof. Matozzo secondo cui «Il fatto che questa sostanza venga usata senza alcun limite di legge, assumendo che non abbia effetti sugli organismi esposti, è chiaramente contraddetto dai dati sperimentali»?

Oltre alle vongole anche altri prodotti agroalimentari, alcuni dei quali provenienti dall’area rossa sono contaminati dai PFAS (come afferma l’Istituto Superiore di Sanità pubb. 2017). Tali prodotti sono controllati prima di arrivare ai mercati?

 

Sono le legittime domande che ogni cittadino ha il diritto di rivolgere all’Assessora dalla quale ci aspettiamo risposte puntuali.

Infatti non basta avviare studi ogni volta che si scopre che uova, carni, radicchi e altro sono contaminati da PFAS.

 Chi è demandato a garantire la sicurezza alimentare ha il dovere di assumersi la responsabilità di prendere quelle misure indispensabili necessarie a garantire la salute dei cittadini nell’immediato.


Proprio per far fronte a questi casi è stato istituito il Principio di          Precauzione Europeo.

  

DA DOVE ARRIVANO I PFAS CHE INQUINANO LA LAGUNA?

Sulla sinistra l'area del distretto concia notare il puntino rosso alla confluenza col Brenta  ( ARPAV)


Ci risulta che una forte componente di PFAS, proveniente dall’area del distretto conciario di Arzignano e limitrofe aziende, contribuisce notevolmente all’inquinamento del fiume Fratta e del canale Gorzone che poi sfociano nel Brenta (come evidenziato dalle stesse pubblicazioni di ARPAV).

Altre fonti di contaminazione da PFAS potrebbero essere le aziende di trattamento rifiuti, diffuse in varie parti della regione con relative autorizzazioni Aia e Via prontamente rilasciate ai richiedenti (Pubb. dei punti di pressione Pfas pubblicata da ARPAV).

Chiediamo: tali aziende sono del tutto estranee alla diffusione di PFAS in tutto il territorio regionale?

Gli inceneritori che bruciano i fanghi contaminati senza essere in grado di distruggere i PFAS, disseminandoli, invece, nell’aria anche a notevole distanza, (come è stato dimostrato dalla agenzia americana per la protezione dell’ambiente E.P.A.)  sono del tutto estranei alla diffusione della contaminazione?

Quali misure sono state prese per scongiurare i danni a colture e allevamenti, nonché alla salute dei cittadini?

                 In merito al gravissimo problema dell’inquinamento del bacino irriguo del Fratta Gorzone, che dura da più di quaranta anni, è stato siglato, nel febbraio del 2016, un accordo di programma decennale Stato-Regione, considerato “Indispensabile” per una bonifica del fiume e dell’intera area irrigua (decine di comuni in un’area che si estende per tre province, centinaia di migliaia di cittadini coinvolti).


Insieme alla Lombardia teniamo il primato delle acque superficiali più inquinate d'Italia



Malgrado ciò, non sappiamo ancora sei progetti siano stati avviati per cui condividiamo la lettera inviata il 1 marzo al direttore del
Servizio idrico integrato e tutela delle acque ing. Fabio Strazzabosco con cui la Consigliera regionale Anna Maria Bigon richiede “copia delle relazioni sullo stato di attuazione dei singoli interventi previsti dall’Accordo di Programma in oggetto e sull’avanzamento delle spese a tal fine sostenute dai soggetti attuatori, inviate con cadenza semestrale dal Responsabile dall’Accordo al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.”

 


All’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin  chiediamo che ci elenchi quali dei progetti previsti dal suddetto accordo di programma sono stati inclusi nelle richieste di finanziamento dal New Generation UE, detto anche Recovery plan.

Le nostre non sono domande retoriche e sono indirizzate a chi ha il dovere di provvedere alla nostra sicurezza alimentare e alla bonifica ambientale.

E’ noto infatti che le acque superficiali del Veneto, insieme a quelle della Lombardia, sono le più inquinate d’Italia.

 

Invertire la rotta che sta portando verso un disastro totale la nostra regione è indispensabile. La realtà parla da sola. Le tabelle che pubblichiamo sono tabelle ufficiali dell’ARPAV. Gli scienziati lanciano un allarme che non va sottovalutato.

I cittadini hanno bisogno di conoscere quali misure si stanno prendendo da parte degli assessorati della Sanità e dell’Ambiente per garantire una alimentazione priva di PFAS nel Veneto e una definitiva bonifica delle acque superficiali (che non siano le “toppe” inutili, costosissime e prive di senso di succhiare ancora acqua dall’Adige o allungare il dotto A.Ri.C.A. oltre Cologna Veneta).

Considerata la gravità di quanto pubblicato dai ricercatori, dovere delle istituzioni è dare risposte esaustive e dettagliate.

Giovanni Fazio

 

 Per approfondire clicca il link

"Responsabilità della concia nel disastro del Fratta Gorzone"

 

 



 

 

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